Aumento del precariato, il tempo indeterminato diventa una chimera

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Negli ultimi tempi si sentono sempre più rassicurazioni sul fatto che il nostro Paese si sta riprendendo dalla crisi, che il lavoro è in aumento e la disoccupazione (ovviamente) in diminuzione. Ma bisogna saper analizzare bene i dati inerenti l’argomento per capire come stanno davvero le cose è non è tutto poi così idilliaco come sembra ci si affanni a dimostrare.

Jobs act e fine della stabilità lavorativa

Uno degli effetti più immediati e visibili del Jobs act è l’aumento spaventoso del precariato. Abbiamo quindi due facce della medaglia: da una parte sono aumentati i posti di lavoro, è pur vero, quindi è diminuito il tasso di disoccupazione, fin qui nessuna contraddizione; peccato però che al contempo si siano creati un numero spropositato di posti di lavoro a chiamata, ovvero, il precariato più precario degli ultimi anni.

Stando ai dati pubblicati dall’Osservatorio Inps, da gennaio a maggio del 2017 sarebbero stati stipulati ben 529,412 nuovi contratti di lavoro nel settore privato. I contratti a chiamata però hanno segnato aumenti pari al 116%, sembra, a detta delle aziende private, per supplire in qualche modo all’impossibilità di utilizzare i voucher. E così, nei primi 5 mesi dell’anno, i contratti a tempo indeterminato sono stati solo 1 su 4, segnando così un calo drammatico del 37% in raffronto a quanto accaduto nel medesimo periodo, ma dello scorso anno.

I licenziamenti sono diminuiti

Ma se aumentano i contratti a tempo determinato, +14,6%, al contempo calano i licenziamenti. Le cessazioni dei rapporti lavorativi sono state attestate a 2.007.000. In questo caso abbiamo un aumento rispetto allo scorso anno dell’11,2% perché a crescere sono state le cessazioni di lavoro nei rapporti a termine, in poche parole, alla scadenza del contratto a tempo. I rapporti di lavoro regolamentati da contratti a tempo indeterminato, invece, sono cessati nella misura di -1,3%, sono quindi diminuiti i licenziamenti. In totale dunque, il numero dei licenziamenti è in calo del 2,6% rispetto al 2016, nota dunque positiva.

Il precariato non consente di fare progetti

Purtroppo la nota dolente di questo quadro, che non sarebbe poi così drammatico in fin dei conti, è che non ci si può permettere di ottenere finanziamenti se non di piccola entità, come per esempio quelli delle carte revolving, a meno che non si venga garantiti da qualche amico o parente con un profilo economico più forte.

Quindi, se da una parte il fatto che comunque ci sia più possibilità di trovare lavoro (anche se questo dipende molto dalla zona del territorio presa in analisi) dall’altra si riscontra una nuova ondata di precariato che non porta grandi vantaggi soprattutto ai giovani che hanno desiderio di avere una casa e magari una famiglia. Per fare un esempio pratico, una giovane coppia a Roma può arrivare a pagare anche 500 euro d’affitto a una distanza di oltre 15-20 km dal raccordo, e per una casa di circa 50 mq. Praticamente è impensabile riuscire con le sole proprie forze ad andare avanti se non si ha la possibilità di contare su un contratto, magari che sia a tempo determinato, ma non a chiamata.

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